La Costituzione della Repubblica Italiana recita all'Art. 9:
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

venerdì 30 settembre 2011

L'ambiente per il lavoro, il lavoro per l'ambiente

Greenreport, 30 settembre 2011

La crisi economica è evidente, la respiriamo quotidianamente e la sentiremo ancora di più quando i provvedimenti della manovra del governo che indurranno gli enti locali a tagliare ulteriormente i servizi, diventeranno pienamente esecutivi. In questo quadro che non risparmia nessuna regione (e quindi nemmeno la Toscana) in cui le famiglie sono già in ginocchio, è un dramma perdere anche un solo posto di lavoro.

E invece pare che siano 115 i posti persi per strada (su 375) nella lunga vicenda della Easy green (ex Isi) in base a quanto prospettato dall'azienda ai sindacati e contenuto nel piano industriale. Nulla è ancora certo perché si dovranno aspettare gli esiti dell'asta fallimentare che si terrà il prossimo 10 ottobre, ma se quanto detto si palesasse sarebbe comunque una sconfitta visto che il settore delle rinnovabili è in crescita (nonostante il momento non proprio favorevole) e garantisce buona occupazione in uno degli ambiti della green economy che tutti almeno a parole vogliono sostenere, poiché l'unico che assicura la compatibilità ambientale e sociale dello sviluppo. Creare nuovi posti di lavoro è un imperativo ma all'interno dei confini della sostenibilità, quindi non prescindendo dagli aspetti ambientali.

La vicenda della Laika a San Casciano Val di Pesa invece ci riporta indietro di qualche decennio, dove lavoratori e sindacati si sono schierati contro gli ambientalisti e i cittadini che vogliono tutelare il territorio. L'oggetto del contendere è l'espansione dello stabilimento della Laika in località Ponterotto, luogo non ritenuto idoneo da comitati e associazioni che oltre all'impatto ambientale vedono dietro l'operazione condotta dalla famiglia Hymer (e avvallata dall'amministrazione comunale), più che esigenze di sviluppo industriale quelle di una speculazione immobiliare. Alla vicenda iniziata quasi 10 anni fa, si sono aggiunti recentemente nuovi particolari.

Nel luogo dove il gruppo tedesco che controlla la Laika vorrebbe costruire il nuovo capannone, sono stati trovati reperti archeologici etrusco-romani ben riconosciuti e giustamente valorizzati dal comune di San Casciano (che ha ottenuto anche finanziamenti in merito) che poi però (nell'agosto scorso) lo stesso comune ha deciso di rimuovere scatenando le ire degli ambientalisti che hanno fatto i loro ricorsi. In questa situazione i sindacati (Rsu di Laika), vedendo rimandata la fase esecutiva dei lavori e addirittura messo a rischio l'investimento di Laika, sono insorti contro comitati e associazioni. Legambiente (circolo Il Passignano) Wwf Firenze, Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze hanno risposto che «una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche». Associazioni ambientaliste e comitati hanno inviato una lettera dettagliata al presidente della Regione Enrico Rossi, alla giunta, ai lavoratori e alle rappresentanze sindacali di Laika in cui viene spiegata nel dettaglio tutta la vicenda e anche i dubbi sulle intenzioni della Hymer, che poi forse non è un'azienda proprio in salute, il che fa aumentare le perplessità sulle volumetrie richieste per l'espansione industriale. Gli ambientalisti poi puntano il dito contro l'amministrazione comunale: «non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l'intervento con cospicue risorse del comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente interesse pubblico». La Regione ora dovrà affrontare la spinosa questione in particolare per quel che riguarda la tutela dell'interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che non dimentichiamo è anche una risorsa economica, perché, a contrario di come pensa qualcuno, con la cultura si mangia, magari poco ma si mangia. Legambiente, Wwf Firenze, Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze, mettono infine in guardia i sindacati: «invitiamo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell'impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell'ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di Beni Comuni il fondamento di una economia equa e sostenibile che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli».

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI - comunicato di solidarietà della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI …

Personalmente e a nome della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio esprimo piena solidarietà a Lucia Carlesi, consigliere comunale di San Casciano per il gruppo Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista, che nel corso di una movimentata seduta, nel pomeriggio del 29 settembre, è stata oggetto di violenze verbali, di insulti e di un vero e proprio tentativo di linciaggio politico.

L’occasione è stata la discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi a proposito dei reperti archeologici (etrusco-ellenistici, romani, settecenteschi) venuti alla luce nel corso della costruzione del nuovo stabilimento Laika Caravans al Ponterotto (sulla vicenda tutta la documentazione è reperibile su: archeopatacca.blogspot.com). L’ordine del giorno è stato spostato al primo posto per dar modo a un folto gruppo di dipendenti Laika di partecipare alla seduta, con cartelli e striscioni dentro e fuori la sala comunale. In questo modo si è voluto mettere in violenta contrapposizione chi difende il patrimonio culturale del territorio da chi difende il posto di lavoro, scaricando sugli ambientalisti la responsabilità dei ritardi nella realizzazione del progetto Laika, che prese il via ormai dieci anni fa.

Davvero la colpa dei ritardi è degli ambientalisti? Non sapevamo di essere così potenti … Ma andiamo con ordine: la trattativa per l’acquisto del terreno da parte di Hymer AG, la multinazionale tedesca che aveva rilevato l’azienda della Sambuca, iniziava nel 2001, sotto la guida del Sindaco di San Casciano e con l’accordo dei sindacati. Il terreno, di circa 15 ha (di cui 10 in fondovalle), era a destinazione agricola e quasi tutto faceva parte della fattoria di Sorbigliano, un’azienda agricola in perenne crisi. Il consiglio di amministrazione di Laika ne deliberava l’acquisto il 9 settembre 2002, e il consigliere delegato assicurava che i lavori si sarebbero conclusi (addirittura!) entro l’estate del 2004, mentre per il momento nessun atto ufficiale prevedeva il cambio di destinazione. Nell’estate del 2004 finiva però la legislatura, lasciando in eredità soltanto una mozione approvata dal Consiglio Comunale che auspicava il trasferimento di Laika al Ponterotto. La nuova amministrazione si impegnava in una complicata procedura urbanistica, barcamenandosi fra un Piano Strutturale appena adottato (ma non approvato, e poi abbandonato) e un vecchio PRG. Si scelse la via della variante a quest’ultimo, che venne adottata dopo ben due anni, nell’agosto del 2006. Ed è solo in questa fase che le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Italia Nostra) entrano in campo presentando una serie di osservazioni, come previsto dalla legislazione regionale. Da notare che una di queste osservazioni segnalava che la variante mancava del tutto della necessaria verifica cartografica di dettaglio, perché era disegnata in scala 1:10.000: ma neppure questa osservazione fu presa minimamente in considerazione, mentre un serio rilievo del terreno avrebbe consentito già allora l’indagine di archeologia preventiva.

A questo punto le associazioni ambientaliste hanno provato, inutilmente, a fermare l’operazione, denunciando la ferita che un capannone così grande (300.000 mc!) avrebbe inferto al territorio e proponendo alternative in zone industriali vicine: alla stessa Sambuca, dove nel frattempo si liberavano numerosi spazi, o alla Zambra in comune di Barberino, per non parlare delle aree industriali in val d’Elsa, dove si è formato il vero e proprio distretto della camperistica. Nessuno ha mai sostenuto che Laika non dovesse costruire un nuovo capannone, ma si contestava la scelta del Ponterotto. Si contestava con ricorsi ed esposti: che non hanno minimamente inciso sui tempi della progettazione del capannone stesso. Forse era l’azienda che non aveva molta fretta? Fatto sta che per la concessione edilizia dobbiamo aspettare il 2008, e per l’approvazione di un’ulteriore variante (richiesta dall’azienda stessa) il 2009. Ed eccoci al presente: appena cominciamo i lavori, nel 2010, saltano fuori i reperti.

Tutti sapevano, al Ponterotto, che quella era una zona “sensibile” all’archeologia, bastava grattare il terreno per trovare dei cocci: l’indagine preventiva (che evidenzia le strutture murarie) avrebbe evitato di trovarsi impreparati proprio al momento in cui i lavori dovevano iniziare. I lavori del cantiere venivano seguiti giorno per giorno da chi si aspettava che qualcosa venisse fuori: e siccome quei reperti non passavano inosservati fu necessario coinvolgere la Soprintendenza: altro tempo perso, che non dipendeva certo dagli ambientalisti, i quali stavano a vedere e aspettavano di capire quali fossero gli sviluppi della situazione.

Ma da questo momento in poi, per più di un anno, della questione non si sa più niente, in Comune si trincerano dietro un “è tutto in mano alla Soprintendenza”, alla Soprintendenza rispondono con un “lasciateci lavorare, è tutto sotto controllo”. Fino a scoprire, ma soltanto nello scorso agosto, che era già stato proposto (da Laika) e autorizzato (dal Ministero) il trasferimento dei reperti in altra sede. Di questo trattava, appunto l’ordine del giorno di Carlesi: se è vero, come sostengono gli archeologi più qualificati, che il trasferimento fuori dal contesto di reperti di questo tipo non ha senso, perché accordarsi (in gran segreto) per un finto parco archeologico, con una forte spesa da parte del Comune, e nuovi ritardi di mesi e mesi, invece di adeguare il progetto del capannone, che fra l’altro non sembra nemmeno destinato a utilizzare tutti i 20.000 mq della superficie utile? Oppure, ci dicevano gli stessi archeologici, se i reperti non hanno grande valore, si faccia il rilievo e poi si ricoprano, come si fa in tante situazioni, o si distruggano, se ci si vuole prendere la responsabilità di farlo. Come ha detto la presidente di Confindustria toscana, perché quattro sassi devono intralciare un progetto così rilevante?

E qui veniamo alla seduta del Consiglio Comunale. Lucia Carlesi è rimasta da sola con il suo ordine del giorno, contro destra e sinistra, padroni, sindacati e operai. Una vera e propria ammucchiata, che il Sindaco Pescini ha avuto la sfacciataggine di definire “la vera comunità di San Casciano”. Nel Consiglio Comunale Carlesi era sola, ma al di fuori non lo è, come dimostra la partecipazione sulla rete, sul blog e su Facebook. E’ vero, su oltre 500 iscritti al gruppo Fb, molti non sono sancascianesi: ma è proprio questo che conta. Se alziamo un momento lo sguardo dal campanilino del paese e guardiamo un po’ più in là, ci accorgiamo che è il Comune di San Casciano ad essere isolato: si veda l’articolo di Salvatore Settis, il più autorevole esperto di paesaggio, del 28 settembre scorso su la Repubblica, dove la vicenda del Ponterotto è citata come scempio di portata nazionale. La scelta di volere per forza un insediamento industriale di quella portata dentro i propri confini comunali è miope e campanilistica, se non vogliamo pensare ancora peggio. Se i lavoratori Laika stanno ancora aspettando questo benedetto trasferimento, dopo dieci anni, devono solo ringraziare i propri rappresentanti politici e sindacali.

30 settembre 2011,
Claudio Greppi per la Rete dei Comitati

Comunicato stampa delle associazioni ambientaliste

20 settembre 2011

Ieri sera a San Casciano, in un consiglio comunale teso e “blindato”, i gruppi consiliari (sia di destra sia di sinistra) hanno rigettato la mozione della consigliera di opposizione Lucia Carlesi, che chiedeva con solidi argomenti tecnici, scientifici, legali ed economici di fermare la procedura di rimozione dei reperti archeologici a Ponterotto, con ciò rappresentando il sentire non solo delle associazioni ambientaliste e di chi ha a cuore la tutela dei beni culturali, ma anche di quella grande parte di opinione pubblica che vuole una economia sostenibile e rispettosa dei beni comuni.

La delibera di giunta appare irregolare sotto molti punti di vista, al limite dellla nullità: si mette a carico delle casse comunali una grande quantità di lavori finalizzati al “trasloco” dei reperti, ma non si dice quanto questo costerà ai cittadini (il computo senza cifre allegato alla convenzione enumera opere che da un calcolo sommario da noi fatto su una decina di voci sicuramente supera i 100.000 euro), non si spiega da quali capitoli di spesa verranno prese le risorse e soprattutto non si spiega bene quale interesse pubblico esista nel pagare i tecnici che sovrintendono (in una proprietà privata) alla documentazione e alla organizzazione dei lavori di demolizione di un sito archeologico. Di più, tutto questo appare corredato di un documento di regolarità contabile che non si capisce a cosa si riferisca, visto che non c’è una sola cifra dichiarata.

Con quella delibera di fatto la giunta di San Casciano autorizza un tecnico di servizio a prendere accordi economici per non si capisce quali importi.

Con una dichiarazione incredibile il sindaco Pescini ha affermato in consiglio che le cifre saranno messe dopo che privati e enti sovraordinati avranno firmato l’accordo: in tal modo il Comune (ed i cittadini) si troverebbe a dover far fronte a spese addirittura pluriennali non si capisce da chi decise, in una logica di esproprio del Consiglio comunale (unica istituzione a ciò abilitata dalla legge).
Ma di tutto questo ieri sera non si è discusso.

Come non si è discusso nel merito delle argomentate critiche che archeologi di rilevanza nazionale hanno indirizzato all’intervento (per ultimo Salvatore Settis), ridicolizzati al punto che alcuni consiglieri hanno strappato applausi dichiarando che se fossero stati loro sulle ruspe “quelle pietre” le avrebbero direttamente spazzate via…

Il consiglio comunale è stata una rassegna di interventi platealmente demagogici tesi a ridicolizzare la rilevanza dell’ambiente, dei beni culturali , del paesaggio, di una agricoltura sostenibile, messi in antagonismo CON IL LAVORO: quel capannone sembra il futuro del Chianti, e nessuno si accorge che LAIKA vive la pesante crisi mondiale ed europea della camperistica, ha ridotto i propri fatturati AL DI SOTTO DI QUELLI DI 10 anni or sono (secondo quanto dichiarato ieri sera dagli stessi lavoratori), e non ha nessun bisogno oggi di quelle superfici che sono IL TRIPLO DI QUANTO OGGI è realmente in produzione. Gli ambientalisti sono stati addirittura accusati di aver provocato loro un ritardo di 10 anni nella costruzione dello stabilimento con le loro critiche, ritardo dovuto ai pasticciati percorsi individuati per regolarizzare la trasformazione di terreni agricoli individuati e acquistati fuori da ogni pianificazione con la promessa di futura edificabilità.

Dispiace che i lavoratori LAIKA massicciamente presenti e organizzati in platea abbiano creduto alla demagogia di chi trasforma gli affari immobiliari della Hymer in garanzie sicure di lavoro, come fu a suo tempo per i dipendenti della STIANTI (che ottenne un enorme volumetria nel centro di San Casciano sotto il ricatto della occupazione, salvo poi mandare a casa i propri dipendenti una volta realizzato l’affare). A suo tempo fu chiesto da chi si opponeva al progetto che almeno i lavoratori fossero tutelati con una clausola di convenzione che vincolasse la Hymer a mantenere i livelli occupazionali ATTUALI pena la decadenza della concessione dei volumi aggiuntivi, ma quella richiesta fu bocciata dalla Amministrazione comunale (che oggi si presenta a paladina del lavoro) come vessatoria della libertà di impresa.

Crediamo che lo stabilimento Laika sarebbe stato già realizzato da anni in maniera rispettosa dell’ambiente, dando risposte concrete e non demagogiche alle esigenze dei lavoratori, se per 11 anni l’amministrazione comunale e la Hymer non avessero perseguito con forzature e procedure ad hoc quella localizzazione.

Crediamo che difendere i beni comuni, tra i quali sono anche il paesaggio e i beni archeologici e culturali, sia invece la vera garanzia di un futuro e di un lavoro per i nostri figli, e continueremo a farlo opponendoci ad un atto che appare oltre che sbagliato anche palesemente viziato da irregolarità.


LEGAMBIENTE circolo IL PASSIGNANO
WWF Firenze
RETE DEI COMITATI
ITALIA NOSTRA Firenze

giovedì 29 settembre 2011

Le associazioni a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

AL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA Enrico Rossi
Alla Giunta Regionale Toscana
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA



In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.

Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….

Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.

Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.

Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.


Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

• Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG - deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.

• E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.

• LA Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.

• La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.

• La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.

Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
ITALIA NOSTRA Firenze

Consiglio comunale: si invita tutti a partecipare

OGGI, giovedì 29 settembre 2011 a partire dalle h17 si terrà la seduta del consiglio comunale.
Tra i punti all'ordine del giorno anche la questione dei reperti archeologici rinvenuti nell'area del cantiere Laika al Ponterotto.

INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE!

L'inizio del CC è alle 17, ma non è possibile dare un orario preciso per la discussione del punto in oggetto.


RIMOZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI A SAN CASCIANO: SOSPENDIAMO E PROVIAMO A RIPENSARCI.
Il nostro gruppo consiliare presenta al prossimo consiglio comunale un ordine del giorno sui reperti rinvenuti nell'area del cantiere Laika.

La valle della Pesa, a Ponterotto, ha custodito come in uno scrigno, un tesoro di 2000 anni, un frammento di storia del nostro territorio e della nostra gente: i reperti archeologici emersi durante gli scavi per il cantiere Laika rappresentano un patrimonio importante che abbiamo il dovere di tutelare oggi perché anche domani questa testimonianza possa continuare ad essere patrimonio di tutta la comunità.
L'amministrazione di San Casciano invece di rendere possibile la tutela massima dei ritrovamenti, obbligando il privato ad adeguare il proprio intervento al mantenimento dei reperti in situ, ha accettato la proposta della multinazionale Hymer di rimuovere l'intero complesso edificato e riposizionarlo in un'area al di fuori del perimetro interessato dai lavori edili, definendo questa scelta una “valorizzazione” dei reperti. Addirittura investe soldi pubblici e proprie risorse (in un momento di grave crisi e di contrazione dei servizi) per coprire il costo ingente di ricostruzione della falsa area archeologica. Tutto ciò negando trasparenza e informazione, durante un iter autorizzativo durato più di un anno.
In realtà smantellare muri, ciottoli e fondamenta del fabbricato etrusco e della villa romana e andarli a ricomporre altrove creando un'area archeologica fasulla snaturerà completamente il valore dei ritrovamenti, si perderà per sempre l'autenticità della testimonianza storica.
Non a caso succede tutto questo. Ancora una volta si dimostra quanto fosse sbagliato il percorso iniziato dall'Amministrazione di San Casciano oltre dieci anni fa, finalizzato a localizzare il nuovo stabilimento Laika a Ponterotto, Allora il risultato fu un'operazione di rendita immobiliare che ha garantito soltanto la multinazionale Hymer, ma che niente ha avuto e ha a che fare con l'interesse della collettività e del territorio, tanto meno sono stati tutelati i lavoratori. Oggi assistiamo all'ennesima forzatura e si arriva addirittura a prevedere lo smantellamento di un'area archeologica pur di garantire l'intervento privato. Sarebbe una scelta ancora una volta perdente: cancelleremmo una traccia significativa del passato, un bene comune assoluto rappresentativo del patrimonio culturale e paesaggistico e nello stesso tempo un altro bene comune, la dignità del lavoro e dei diritti non avrà nessuna garanzia; la Hymer da anni perde occupazione e produzione e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi. Rimane la grave responsabilità di chi, non attuando una pianificazione corretta del territorio. ha messo ancora una volta in contrapposizione ieri l'ambiente oggi il patrimonio archeologico con i diritti del lavoro.
Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenta un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale del 29 settembre per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto con la quale l'Amministrazione di San Casciano ha deciso lo smontaggio dei reperti. Crediamo sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto sia in consiglio comunale, sia nelle commissioni consiliari e favorire un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per individuare scelte alternative che salvaguardino la nostra storia.

Settembre 2011, Gruppo Consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista

Gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano/Rifondazione Comunisti Italiani

Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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mercoledì 28 settembre 2011

CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI

Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca". [n.d.R., il grassetto è nostro]

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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lunedì 26 settembre 2011

Difendi le tue origini, un video di Toscanalady su YouTube


Il video di Toscanalady trovato questa mattina su YouTube, questo il testo:


AVVISO IMPORTANTE


Lo sapevate che nell'area dove vorrebbe costruire la “Laika” il suo stabilimento, zona “Ponterotto” durante i lavori di scavo sono stati riportati alla luce: un sito Etrusco, una villa romana ed una fontana del '700 che durante i lavori è andata distrutta.
Adesso, la Laika vorrebbe andare avanti con i lavori ed ha avuto il parere favorevole di proseguire. Chiaramente i beni archeologici andranno spostati in un altro posto probabilmente alla “Botte”.

NIENTE VALE IL PATRIMONIO AMBIENTALISTICO, ARCHEOLOGICO DELLA ZONA??
CI APPARTIENE, E' NOSTRO, FA PARTE DELLE NOSTRE RADICI, DA DOVE PROVENIAMO E ARRICCHISCE LA NOSTRA STORIA.

INVECE DI SPOSTARE IL SITO ARCHEOLOGICO DOBBIAMO DIFENDERLO E FARE IN MODO DI PRESERVARLO.

LA LAIKA POTREBBE COMUNQUE SCEGLIERSI UN'ALTRA ZONA SENZA PRIVARCI DELLA NOSTRA STORIA. SENZA ANDARE AD INQUINARE IL FIORE ALL'OCCHIELLO DEL NOSTRO PATRIMONIO AMBIENTALISTICO ED ARCHELOGICO.

SPESSO FACCIAMO MIGLIAIA DI KILOMETRI PER ANDARE A VISITARE DELLE ROVINE, CHE PUR TESTIMONIANDO UN'EPOCA, NON CI APPARTENGONO MENTRE IN QUESTO CASO CI APPARTIENE E CI RAPPRESENTA: PERCHE' INDICA LA NOSTRA “STORIA” E LA NOSTRA PROVENIENZA.

VORREI SENSIBILIZZARE IL VOSTRO ANIMO PORTANDOVI A CONOSCENZA DI UN “REATO” CHE SICURAMENTE NON ERAVATE A CONOSCENZA.

DIFENDIAMO QUELLO CHE ERAVAMO, PRESERVIAMO LA NOSTRA STORIA.

sabato 24 settembre 2011

San Casciano come Archeo Disneyland

Il manifesto appeso nella bacheca comunale in questi giorni...

Nel corso del 2010 in località Ponterotto, durante le opere di scavo del cantiere Laika, sono emersi importanti resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana. A poco tempo dal ritrovamento Laika ha chiesto di rimuovere il complesso archeologico e ricollocarlo in altra sede. Invece di valorizzare queste testimonianze storiche, che rappresenterebbero tra l’altro un'ottima occasione per un turismo di qualità, e quindi una importante risorsa economica per il territorio, l'Amministrazione comunale ha aderito alla richiesta di Laika ed interviene, con denaro pubblico, per rendere possibile la demolizione dei ritrovamenti e la loro ricostruzione come finte rovine in altra sede: una Disneyland etrusca, un finto parco archeologico che costituisce una scelta dispendiosa e non tutela né valorizza il nostro patrimonio culturale e paesaggistico.

Da più di un anno il Comune e Laika hanno percorso l'iter autorizzativo, senza dare visibilità alla vicenda e negando trasparenza e confronto pubblico. In un momento di grande crisi, mentre i servizi subiscono tagli, il Comune usa i soldi dei cittadini per aiutare la multinazionale Hymer a smantellare il sito, distruggendo così una risorsa della comunità.

Ma la rimozione del complesso archeologico è solo l'ultimo di una serie di errori. Da più di 10 anni il Comune di San Casciano persevera nella scelta di una localizzazione sbagliata e ad alto impatto ambientale e paesistico per il capannone Laika, in un sito privo delle necessarie infrastrutture; questa decisione non tutela i lavoratori e non salvaguarda il territorio. Da anni l’azienda perde occupazione e produzione per la crisi generale del settore e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi già preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi.

In discussione non è, dunque, il lavoro, ma una più corretta pianificazione territoriale:
le alternative esistono, e sono praticabili!


Per ulteriori informazioni:
http://www.luciacarlesi.blogspot.com
http://www.archeopatacca.blogspot.com

Su Facebook: gruppo ArcheoPatacca

Gli Etruschi siamo noi, una lettera

Riceviamo questa bella lettera, che pubblichiamo.


Buongiorno,

mi chiamo R. ho 50 anni ed abito lì vicino e sono inorridita, esterrefatta.

Mio nonno abitava lì, mio padre ed ora io. Pensavo ed ero convinta che il paesaggio, l'ambiente, la natura e soprattutto la storia, quello che eravamo... avesse un peso, un'importanza in un mondo dove viene tutto spersonalizzato e dove per sentirti qualcuno devi vestirti con la firma di qualcun'altro, che non sei tu.
Le nostre radici, quelle da cui proveniamo sono là, sepolte, qualcuno le ha ritirate alla luce, ma non per renderle visibili affinché anche gli altri le possono vedere, ne possono godere, potrebbero capire... ma per sradicarle e traslarle in un altro posto. Questo mi amareggia moltissimo, invece di valorizzare i tesori archeologici questi vengono spostati per fare posto ai camper, che sicuramente porteranno lavoro ed occupazione, ma non mi ci ricompenseranno della mancanza della nostra identità.
Io sono disposta a tutto perché tutto resti come è stato trovato, perché se è stato trovato lì c'è e ci sarà un motivo e tutto deve restare così, anzi bisognerebbe capire il perché, studiarlo e raccontarlo a chi non lo sa. Questo favorirebbe anche il turismo e rianimerebbe i negozi, gli agriturismi ed il commercio.
Mettiamo dei gran cartelli e sensibilizziamo tutta la popolazione locale e no. In questo modo il coro si allargherebbe e non credo che le persone acconsentirebbero a questo. È stato taciuto, tutto in sordina per fare le cose di nascosto e questo gli avrebbe permesso di procedere indisturbatamente, ma non dobbiamo permetterglielo assolutamente.

Lottiamo per rendere più visibile possibile questo scandalo e troveremo sicuramente tante persone d'accordo che si uniranno per battere gli "usurpatori".

Cordiali saluti.



Lettera firmata

venerdì 23 settembre 2011

L'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato al Ministro per i beni e le attività culturali

Il testo dell'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato sulla vicenda "archeopatacca", nella seduta di ieri, disponibile online sul sito del Senato. http://www.senato.it/


PARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -

Premesso che:

in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (FI), è prevista la localizzazione di un capannone di tre ettari da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan, nonostante le proteste di molti comitati e associazioni che ne denunciavano l'elevato impatto ambientale e paesaggistico;

durante gli scavi per la realizzazione dello stabilimento sono emersi notevoli reperti archeologici: in particolare sono stati rinvenuti i resti di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. La realizzazione del progetto, risalente al 1997, appare avvolta nel mistero: le procedure legate all'attuazione sono state operate in totale assenza di trasparenza, la localizzazione dello stabilimento è stata operata senza pianificazione e senza i necessari rilievi archeologici e, ad oggi, non è stata pubblicata alcuna relazione sugli scavi;

la scelta dell'amministrazione comunale, dettata da motivi occupazionali, lascia pensare invece ad una semplice operazione di rendita immobiliare, dal momento che la struttura è ancora lontana dall'essere aperta e la Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro negli ultimi anni. Sembra dunque evidente che non vi è alcuna certezza che l'azienda garantisca in futuro il livello occupazionale promesso;

si apprende ora che, con delibera n. 132 del primo agosto 2011, la Giunta comunale di San Casciano ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti, avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse ad un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti in un altro sito. A parere dell'interrogante il trasferimento dei reperti distruggerebbe il valore scientifico del sito di Ponterotto, contribuendo invece alla nascita di un falso storico e topografico, una vera e propria "archeopatacca";


rilevato che:

all'art. 9, comma 2, la Costituzione prevede che il patrimonio storico, artistico e paesaggistico debba godere della più ampia tutela;

il codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, all'art. 1 sancisce come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, mentre all'art. 29 precisa che la conservazione del patrimonio culturale debba essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Infine all'art. 30 il decreto impone a Stato, Regioni ed enti territoriali l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;


considerato che:

se è vero che il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede l'ipotesi di trasferimenti, questi devono essere motivati da ragioni di straordinario interesse pubblico, come ad esempio una grande infrastruttura, e inoltre devono essere orientati ad una maggiore tutela, che certamente non può essere subordinata ad interessi prettamente privati. Tanto più che i reperti in questione rappresentano resti di edifici e dunque non possono essere considerati alla stregua di suppellettili o elementi di arrendo, facilmente trasferibili. La mancanza di trasparenza, che ha accompagnato tutta la vicenda, rende lecito pensare che l'opera di trasferimento sia semplicemente un modo per rispondere alle istanze poste da comitati, associazioni culturali ed ambientaliste,


si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire una coerente e programmata attività di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro paese;

se non ritenga di interesse primario la salvaguardia di reperti che, allontanati dal sito di provenienza, risulterebbero decontestualizzati e snaturati.

San Casciano: gli antichi reperti non fermano il cantiere industriale



Di Francesco Bevilacqua, Il Cambiamento, 23 Settembre 2011

Come troppo spesso oggi accade, gli interessi economici prevaricano la tutela del territorio, dei suoi abitanti e delle sue peculiarità. Questa volta a farne le spese sono degli importanti resti archeologici ritrovati in un sito industriale nei pressi di San Casciano, in Toscana.

Ambiente non è solo natura. Resti archeologici, testimonianze delle civiltà che ci hanno preceduto e che hanno contribuito a forgiare la nostra, antiche vestigia che costituiscono il nostro stesso retroterra culturale e spirituale sono tesori da conservare e valorizzare, tanto quanto colline, fiumi e foreste. Purtroppo, così come scarso è l’interesse che la società moderna ha nei confronti dell’espressione della natura, l’attenzione per la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico, che fra l’altro in Italia costituisce un unicum a livello mondiale, è troppo bassa.

La notizia più recente che conferma questa triste tendenza viene dalla Toscana, per l’esattezza da San Casciano.
Lì è infatti prevista la costruzione di un nuovo capannone della Laika, marchio della Hymer, una delle principali case di costruzione di camper e caravan. Già la comunità locale vedeva di cattivo occhio questo progetto per altri motivi, dalla sospetta e frettolosa variazione concessa in deroga al Piano Strutturale Comunale, già stilato da tempo, fino alla discutibile politica occupazionale del costruttore, che sta portando avanti da diversi anni una campagna di riduzione del personale.

Il solito dilemma “tutela ambientale o posti di lavoro”, che già in passato ha scatenato molte battaglie (come per esempio quella di Porto Tolle), stavolta dunque non sussiste neanche.

La ciliegina sulla torta di questo controverso piano industriale è stato il ritrovamento sul luogo del cantiere di una serie di importanti resti archeologici, un edificio di epoca etrusco-ellenistica e una villa romana di età imperiale. Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti, che prevede la demolizione degli stessi, asportazione dal cantiere e ricostruzione dei resti in un altro luogo.
Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti
Da un lato questa decisione evidenzia una volta di più la posizione di profonda soggezione e subordinazione in cui si trova il mondo politico e istituzionale italiano nei confronti di portatori di interessi economici che fra l’altro non corrispondono quasi mai alle esigenze e al benessere della comunità. Dall’altro viene messa in risalto la scarsa attenzione di cui gode l’ambiente, sistematicamente retrocesso a fronte di inalienabili e prioritarie esigenze economiche.

Fortunatamente c’è chi reagisce a questa situazione: la Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana e Wwf Toscana si sono mobilitati per far pervenire a Cristina Scaletti, Assessore alla Cultura della Regione Toscana, un’istanza di tutela di questo importante patrimonio rinvenuto e inoltrare la richiesta di bloccare la decisione del Comune di San Casciano di asportare i reperti e far proseguire il cantiere.

Ovviamente invitiamo tutti ad accogliere, sottoscrivere e rilanciare questo appello, in modo da rendere chiaro a chi ci amministra, e soprattutto a chi pretende di relegare in un angolo il benessere di una comunità e del suo territorio a vantaggio del proprio tornaconto, che gli ostacoli che dovrà superare per riuscire in questo suo intento sono ostici e numerosi.
Per approfondire l’argomento e portare il vostro contributo, consigliamo di visitare il sito archeopatacca.blogspot.com


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Resti archeologici al Ponterotto, il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza


Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.



L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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giovedì 22 settembre 2011

L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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mercoledì 14 settembre 2011

WWF Toscana: Quanto vale una storia di duemila anni?



WWF Toscana, 14.09.2011

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Mi unisco a esperti e associazioni che chiedono di trovare nuove soluzioni. Intervenga la Regione

COMUNICATO STAMPA 13 settembre 2011

Ritrovamenti archeologici nel cantiere Laika a San Casciano Val di Pesa. Romanelli: “Mi unisco a esperti e associazioni che chiedono di trovare nuove soluzioni. Intervenga la Regione”.

“Fin dall'inizio – dichiara il Consigliere Regionale Mauro Romanelli – sono stato contrario, sollecitato da Legambiente e dal gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano, alla localizzazione scelta per il nuovo capannone della Laika caravan: una contrarietà non a priori, ma motivata da ragioni ambientali e paesaggistiche, nonché per l’inadeguatezza delle infrastrutture circostanti e per la fretta nel concedere varianti urbanistiche al di fuori del Piano Strutturale del Comune di San Casciano”.

“Una scelta, quella dell’amministrazione locale, dettata da motivi occupazionali, ma che a oggi, a sette anni di distanza dall’adozione della variante, nulla ha prodotto, essendo ben lontani dall’apertura della struttura”. “La Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro, in questi ultimi anni, e non pare esserci alcuna garanzia che in futuro, anche accettando supinamente ogni condizione posta dall'azienda, il livello occupazionale sia garantito”.

“Nel frattempo nel sito, durante gli scavi cantieristici, sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco - ellenistica e di una villa romana di età imperiale e rimango assai sorpreso dalla recente decisione della Giunta locale di accettare le richieste della multinazionale e d’intervenire con proprie risorse per la demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che, con modifiche progettuali, potessero salvare, almeno in parte, il sito archeologico”.

“Mi appello quindi alla sensibilità dell’Assessore Regionale Cristina Scaletti affinché siano ascoltati i dubbi e le critiche di esperti e associazioni, sospendendo la firma regionale all’accordo e promuovendo un tavolo di concertazione, ove cercare soluzioni più attente e condivise, scongiurando così il rischio di produrre, con la rimozione dei reperti, un falso storico e topografico”.

“Sulla vicenda ho presentato un’interrogazione urgente” - termina Romanelli.


Interrogazione orale urgente

Il sottoscritto Consigliere Regionale

Ricordato che in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (Fi) è stato localizzato, tra le proteste di molti comitati e associazioni per l’alto impatto ambientale e paesaggistico, un capannone di tre ha della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan;

Ricordato che nell’anno 2010, durante gli scavi cantieristici sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco - ellenistica e di una villa romana di età imperiale;

Ricordato che l’amministrazione comunale di San Casciano, con la delibera di Giunta n.132 del 1° agosto 2011, ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti avanzata da Hymer a pochi mesi dall’inizio scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse a un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che, con modifiche progettuali, salvassero almeno parte del sito archeologico;

Ricordato che sembrerebbe non esistere ancora una relazione pubblicata sugli scavi, che il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso, a prescindere quindi dai risultati, che il progetto a parere di molti esperti distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico e che molte associazioni ambientaliste sono intervenute manifestando dubbi e critiche.

Interroga la Giunta Regionale per conoscere:

Se intende sospendere la firma regionale all’accordo, aprendo un confronto tra Amministrazione locale, Hymer e tecnici del settore ed esponenti delle associazioni di diversa opinione per verificare la correttezza della soluzione a oggi individuata.

Mauro Romanelli

La Laika fa traslocare i resti etruschi

di Mario Neri, La Repubblica, 14 settembre 2011

Ritrovati nell'area del futuro capannone: la soprintendenza dà l'ok al trasferimento. "No all'archeo-patacca"
La Laika fa traslocare i resti etruschi



Nella terra dei caravan anche un sito archeologico può traslocare. Succederà ai resti di un insediamento etrusco e a quelli di una villa romana di età imperiale ritrovati nel giugno 2010 a Ponterotto, pochi chilometri da San Casciano, dove la Laika caravans vorrebbe costruire il mega capannone progettato 11 anni fa per rilanciare la produzione dei camper nella Val di Pesa. Da un anno i lavori sono fermi. Nei 3 ettari destinati alla nuova fabbrica - e riconvertiti in area industriale con una variante ad hoc del Comune - gli archeologi procedono ancora con scavi e analisi, ma l'amministrazione di San Casciano ha già accolto le richieste della multinazionale: i reperti verranno ricollocati vicino al torrente Pesa «in modo da riprodurre la disposizione dei vani rispetto all'esposizione al sole e alla direzione dei venti», è scritto in una delibera approvata ad agosto. Il via libera è arrivato con il parere favorevole di Soprintendenza, ministero dei Beni culturali e Regione, eppure fa infuriare i comitati del Chianti. «Trasferendo i resti si creerà una "archeopatacca" - dice Giuseppe Pandolfi, presidente del circolo locale di Legambiente - Il comune avalla una speculazione. La salvezza dei posti di lavoro è una scusa, negli ultimi anni i fatturati di Laika sono scesi». Non sarà un parco archeologico farlocco, è invece la tesi della Soprintendenza: «Ci sono molti esempi di rovine ricollocate a favore di una maggiore tutela - spiega la soprintendente regionale Mariarosaria Barbera - e comunque il trasferimento è previsto dal codice dei beni culturali». Comitati e ambientalisti vorrebbero che Laika ridimensionasse i progetti. «Non più un grande capannone da 30mila mq, ma qualcosa meno, quanto basta per lasciare i reperti a loro posto», chiede anche Mauro Romanelli, consigliere regionale di Sel, che ieri ha presentato un'interrogazione urgente in consiglio.

martedì 13 settembre 2011

Caso Laika, petizione "Non affogate i resti della villa etrusca nel cemento"

di  Andrea Settefonti, La Nazione, 13.09.2011


SAN CASCIANO

Sui resti di una villa etrusco ellenica e di una romana ritrovati nel cantiere di Ponterotto, a San Casciano, dove si realizza il nuovo stabilimento Laika, entra in scena anche l'associazione "Laboratorio per un'altra San Casciano", lo fa organizzando una petizione via posta elettronica con l'obiettivo di sensibilizzare l'assessore regionale alla Cultura Cristina Scaletti affinché i resti vengano valorizzati e non affogati nel cemento.

Nell'appello inviato all'assessore si legge che "nel 2010 durante gli scavi cantieristici sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. Invece di valorizzare queste testimonianze storico-artistiche, l'amministrazione comunale ha fatto propria l'istanza di rimozione dei reperti avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi.
Inoltre, il Comune ha deciso di intervenire con proprie risorse ad un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che con modifiche progettuali salvassero almeno parte del sito archeologico". Secondo il Laboratorio "tutte le procedure legate al progetto sono state svolte nella assoluta segretezza e senza contraddittori". Inoltre "ancora non esiste neanche una riga di relazione pubblica sugli scavi" e "il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso (quando ancora la villa romana non era emersa) a prescindere quindi dai risultati". Il rischio è "che il progetto distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico".

Quindi viene chiesto all'assessore di "accogliere l'appello delle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente, Italia Nostra, Rete dei Comitati, sospendendo la firma regionale all'accordo e aprendo un confronto tra i tecnici per verificare se davvero questa sia la soluzione giusta".

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lunedì 12 settembre 2011

L’archeopatacca di San Casciano, anche gli Etruschi si spostano in camper


L'Altra Città, 12.09.11
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Alcune domande a proposito delle scoperte archeologiche a San Casciano


Eddyburg, 12.09.11

L'autorevole opinione di Giuliano Volpe, Ordinario di Archeologia e Rettore dell’Università di Foggia, pubblicata su Eddyburg.


Dalla Toscana giungono notizie dell’ennesimo conflitto tra interessi privati e difesa del patrimonio archeologico. E ancora una volta sembra che a soccombere, come spesso accade nel nostro paese, debba essere il patrimonio culturale.
Il caso mi è stato segnalato da alcuni amici toscani, non archeologi, che si sono rivolti a me per un parere, conoscendo il mio impegno nel campo della politica dei beni culturali.

Ho cercato di acquisire informazioni più precise da colleghi archeologi, che, però, ignoravano quasi completamente l’episodio. La massima segretezza sembra avvolgere la vicenda. Le uniche informazioni, reperibili sul web sono fornite da un comunicato stampa e da denunce di varie associazioni ambientaliste, raccolte da alcuni giornali e da vari siti internet. La cosa che sollecita la mia curiosità e presenta, fin da subito, alcuni lati enigmatici è relativa al progetto di rimozione e ricollocazione dei resti archeologici: una procedura, tecnicamente assai problematica, alquanto rara e costosa. Ma procediamo in ordine.

Il sito è posto nel territorio del Comune di San Casciano: qui è stata prevista la costruzione di un capannone da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di LAIKA Caravan. Il progetto risale a molti anni fa, addirittura al 1997. Nel corso dei lavori edili sono emersi, nel 2010, resti archeologici riferibili, sulla base dei pochissimi dati al momento disponibili, ad una ‘fattoria’ etrusca e ad una villa romana. Tengo a ribadire che le informazioni in mio possesso sono a questo proposito assai scarse ed è pertanto assai difficile valutare la reale portata storico-archeologica della scoperta. Lo sottolineo, non perché voglia minimamente proporre un’idea selettiva, ormai fortunatamente abbandonata, che privilegi esclusivamente i manufatti di pregio artistico – ogni documento archeologico è unico e prezioso per la ricostruzione storica e per la conoscenza dei paesaggi stratificati – ma solo per comprendere la ratio delle scelte che si stanno effettuando.

Non tocco le questioni relative all’impatto ambientale o al tema del consumo di territorio, che rientrano nelle competenze di altri. Mi limito a porre una serie di domande limitate al tema archeologico, in attesa di poter disporre di informazioni più precise, che, per trasparenza democratica, si spera possano essere fornite alla pubblica opinione, anche per limitare le polemiche spesso alimentato proprio dall’assenza di informazioni.

Come mai, pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva, con l’uso dei metodi e delle tecniche e tecnologie (immagini aerofotografiche, prospezioni geofisiche, ricognizioni, ecc.) tipiche dell’archeologia dei paesaggi (che, peraltro, proprio in Toscana conosce livelli di assoluta eccellenza)? In tal modo certamente le tracce archeologiche sarebbero state individuate ancor prima dell’avvio dei lavori edili e sarebbe stato possibile indirizzare diversamente il progetto.
Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione?
Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici? Mi rassicura sapere che l’operazione è stata autorizzata dalla Soprintendenza Archeologica, dalla Direzione Regionale per i beni culturali, dal Comitato tecnico-scientifico del MiBAC. Ma resta l’interrogativo metodologico. Come dicevo, si tratta di una procedura complessa e costosa, che certo l’archeologia conosce bene ma che di solito viene riservata (proprio per la complessità tecnica e l’elevato costo) a scoperte “eccezionali”. Si potrebbero citare molti casi a tal proposito, ma mi limito a ricordare quello dei mosaici policromi di ville e domus romane della città di Zeugma in Turchia, asportati e rimontati nel Museo di Gaziantep con l’intervento munifico del Packard Humanities Institute (PHI), o, in Italia, quello vissuto in prima persona dei mosaici della chiesa paleocristiana del sito rurale di San Giusto (Lucera), asportati nel 1998 e tuttora in attesa di collocazione: in entrambi i casi l’operazione è stata giustificata dalla costruzione di opere pubbliche, nello specifico dighe, rispettivamente necessarie per la produzione di energia e per l’irrigazione delle campagne. Si tratta, peraltro, di interventi condotti molti anni fa, ben prima che si affermassero i metodi dell’archeologia preventiva. I due siti archeologici, dai quali sono stati asportati solo gli ‘elementi di pregio’ (i mosaici, appunto) sono tuttora sommersi dalle acque delle dighe e non si esclude che in un futuro altri archeologi possano riprendere gli scavi.

Nel caso di San Casciano il problema è: i ritrovamenti sono relativi a “pochi muretti”, come qualcuno sussurra? Se sì, allora, si abbia il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico, e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti. La rimozione e la ricollocazione appare, infatti, una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste: che senso avrebbero i moncherini di “pochi muretti” decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di elementi di arredo, in un finto parco archeologico? Senza contare i problemi tecnici posti dallo smontaggio di muri (di terra? in conci di pietra tenuti da malta? in cementizio?) di insediamenti rurali di età etrusca e romana, e ovviamente i costi legati all’operazione, che, perlomeno, mi auguro non si preveda di scaricare sugli ormai poveri bilanci degli Enti locali o delle Soprintendenze. Se, invece, si trattasse di elementi di grande interesse storicoarcheologico, tali da richiederne addirittura lo smontaggio e la ricollocazione in altro luogo, allora forse sarebbe il caso di riesaminare più attentamente la questione, privilegiando la conservazione in situ.

Comunque vada a finire, ancora una volta saranno le ragioni dell’archeologia e del patrimonio culturale e paesaggistico a soccombere, forse anche a causa di un deficit di pianificazione e di valutazione preventiva, sotto il peso del consueto facile ricatto dell’occupazione e delle ragioni dello sviluppo economico, sostenute, è evidente in questo caso, da forti interessi politico-economici. E ancora una volta in questo eterno assurdo conflitto si cercherà di confermare l’immagine dell’archeologia – cioè di uno dei beni comuni più rilevanti di cui il nostro paese disponga - nemica dello sviluppo.

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Gli Etruschi in roulotte


Riceviamo da Claudio Greppi, del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Siena e componente della Rete dei Comitati toscani per la tutela del territorio, e pubblichiamo volentieri. E’ un caso emblematico quanto assurdo: si vanno a spostare reperti etrusco-romani per far posto a un capannone per la produzione di roulottes. A San Casciano Val di Pesa (FI), nell’ex virtuosa Toscana. Appena avremo in mano un pizzico di documentazione, espleteremo le più opportune azioni legali.

Gruppo d’Intervento Giuridico, 11.09.11

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Italia Nostra: Toscana, Insediamento Laika di San Casciano


Italia Nostra, 12.09.11
News dal territorio

Gli ambientalisti: i resti archeologici non possono essere spostati

La vicenda dell’insediamento del capannone della Laika caravan nel comune di San Casciano (FI) si complica ulteriormente. Sui terreni individuati sono stati trovati nel 2010 resti archeologici etruschi e romani. Da sempre (la vicenda va avanti da una decina di anni), comitati e associazioni ambientaliste hanno contestato la scelta del sito di localizzazione da parte del comune per il manufatto richiesto dalla multinazionale Hymer (proprietaria di Laika caravan). Terreni agricoli lontani dal distretto della camperistica, alto impatto ambientale e paesistico, scelta non pianificata, azienda in crisi con riduzione della produzione il che non giustifica un’espansione, ribadiscono Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana. «Dopo 7 anni dall’adozione della variante, non un mattone della fabbrica è stato posato, a dimostrazione di come si sarebbe potuto tranquillamente scegliere una localizzazione più adatta e di come l’”urgenza” imprenditoriale nascondesse solo un lucroso investimento immobiliare». Questione di punti di vista qualcuno potrebbe pensare, ma le ultime vicende fanno incrementare gli interrogativi. Durante gli scavi per il capannone sono emersi nell’anno 2010 resti di un fabbricato etrusco e della pars rustica di una villa romana. Secondo quanto riportano gli ambientalisti, l’amministrazione comunale, invece di valorizzare queste testimonianze storiche, imponendo al privato di adeguare l’intervento al mantenimento della stratificazione emersa durante gli scavi, ha fatto propria l’istanza del privato di rimozione dei resti ed interviene, con proprie risorse, per rendere possibile la demolizione di muri e fondazioni e la loro ricostruzione lontano dal perimetro previsto del fabbricato industriale. «Le alternative c’erano- dichiarano Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana- Si poteva ipotizzare uno spostamento dei volumi o una loro riduzione, stante la banalità architettonica del manufatto (un parallelepipedo di metri 300 x 100 x 11m). La traslazione di muri e fondazioni in mattoni e ciottoli non potrà che essere distruttiva e la demolizione dello scavo sicuramente toglierà alla ricerca scientifica la possibilità in futuro di analizzare un insediamento rurale importante per capire gli ordinamenti della campagna in epoca etrusco-romana. Non si tratta di edifici che possano eventualmente essere smontati e rimontati, ma di tracce e resti che hanno senso solo se rimangono nel proprio contesto. Che tutto questo si faccia non per realizzare un’opera di pubblico interesse ma semplicemente per venire incontro alle richieste di un investitore privato suscita perplessità e sconcerto».

A fronte di queste evidenze Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana lanciano un appello alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni culturali, alla Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, alla Direzione regionale (settore musei ed ecomusei) della Regione toscana, «perché non sia ratificato l’accordo per la rimozione delle strutture archeologiche. In particolare, facciamo appello agli assessorati regionali competenti perché sia possibile aprire un confronto tra gli esperti del settore in vista di un approfondimento scientifico sul sito archeologico, sospendendo temporaneamente ogni decisione» hanno concluso gli ambientalisti.

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domenica 11 settembre 2011

Manco una roulotte al povero lucumone sfrattato…


Stefano Tesi, Alta fedeltà, 11.09.11

A San Casciano Val di Pesa, in Toscana, pare che alla chetichella si vogliano distruggere importanti vestigia etrusche per costruire una fabbrica di camper. Comune e impresa d’accordo, cittadini in subbuglio. Possibile che lo stabilimento si possa fare solo lì?

Si dice che la verità sta sempre in mezzo, o almeno mai da una parte sola. E nemmeno in questo caso abbiamo motivo di dubitare che ambedue i contendenti abbiano, nello specifico, buoni argomenti.
Ma è il principio che non ci piace.
La storia è semplice e nemmeno nuova, visto che si trascina da un decennio, lasciata però sospettamente procedere sotto traccia in un silenzio ufficiale a cui qualche acuto mediatico non può certo far da contraltare. E quando il silenzio diventa la clava delle pubbliche amministrazioni, c’è sempre qualcosa che non torna.
Fattostà che in territorio di San Casciano Val di Pesa, nel Chianti insomma, è in programma la costruzione, regolarmente autorizzata, di un grande capannone industriale destinato ad accogliere lo stabilimento di un’azienda che produce roulotte. Il tutto è sancito da un accordo tra il comune e la multinazionale proprietaria della casa costruttrice di van, con relative autorizzazioni.
Fin qui, tutto ok.
Il problema è che sottoterra, esattamente nel punto in cui deve sorgere lo stabilimento, ci sono i resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana, venuti alla luce durante gli scavi di fondazione.
A questo punto che succede? Si bloccano i lavori? Si vincola il terreno? Si procede a ricerche archeologiche?
Macchè: il comune, a spese proprie, pensa anzi di demolire in fretta e furia le antiche ma fastidiose rovine (lo affermano almeno qui i comitati e associazioni locali contrari all’operazione), con l’idea bislacca di ricostruirle altrove. Insomma: non solo le distruggono, ma pensano di creare un falso storico e architettonico.
Da qui gli appelli lanciati dai detti comitati alla Direzione regionale per i beni artistici, alla Soprintendenza archeologica della Toscana e alla Regione affinchè intervengano e consentano se non altro l’apertura di un dialogo tra le parti.
Quale sia la versione ufficiale del comune e della multinazionale non è ancora dato sapere, ma non è questo ciò che conta.
Nè conta, secondo noi, l’osservazione che il settore camperistico è in crisi e che quindi il momento economico non giustifichi la costruzione di nuovi stabilimenti, nè che l’allocazione degli stessi possa essere più utilmente individuata altrove. E neppure che l’operazione nasconda, come qualcuno adombra, più lontane mire speculative in un’area di grande valore naturalistico e paesaggistico (oltre che, con ogni evidenza, archeologico).
Il punto è a mio avviso anteriore e di carattere generale.
Ovvero: in un paese dalle importantissime risorse culturali come l’Italia, dove la stratificazione storica è sistematica e ha fatalmente generato un patrimonio irripetibile di resti e vestigia, è possibile che la stessa eventualità di un ritrovamento non sia una condizione necessaria e sufficiente a bloccare e ad impedire nuovi insediamenti, qualunque sia la loro natura?
Certo, è un costo. Che deve assumersi la comunità, cioè tutti noi, per preservare un patrimonio comune. Un costo di studio preventivo, di ricerca, di possibile valorizzazione e tutela. E indubbiamente anche di risarcimento, perchè chi legittimamente ha un diritto a costruire reso impossibile da un evento sopravvenuto come un ritrovamento archeologico, va ripagato integralmente del danno che subisce e delle spese che sopporta. A me pare solare.
Invece no, non è così. Ogni volta che si scopre qualcosa devono aprirsi interminabili conflitti tra chi vuole sbarazzarsene e chi vuole studiare e conservare, dando vita a contrasti che durano anni e provocano ritardi, collusioni, danni economici e labirinti giudiziari tanto ingiustificabili quanto, soprattutto, insostenibili.
Se invece lo Stato, attraverso la legge, sancisse l’automatica inviolabilità di qualsiasi giacimento, rudere o ritrovamento e al tempo stesso stabilisse l’obbligo di ricerche preventive per chi progetta insediamenti produttivi, oltre a rapidi e congrui risarcimenti, probabilmente da un lato si scoraggerebbero gli scempi e le speculazioni. E dall’altro si convincerebbe la grande parte dell’opinione pubblica che tende a considerare la ricchezza immateriale, il paesaggio, la cultura, l’architettura, il bello come un ostacolo, una inutile seccatura, un impiccio, un fastidio da aggirare, possibilmente evitare, auspicabilmente impedire e perfino prevenire. Ovviamente nel nome del presunto sviluppo economico. Un argomento che spesso sta molto a cuore anche ai sindaci che devono firmare certe autorizzazioni.

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Appello: a San Casciano in Val di Pesa le fabbriche contano più dell'archeologia

Se siete d'accordo con quanto segue, inoltrate questa mail d'appello all'Assessore regionale della Toscana alla Cultura dott.ssa Cristina Scaletti (cristina.scaletti@regione.toscana.it) e agli amici sensibili ai temi dell'ambiente e della cultura. Ulteriori informazioni sul sito: http://archeopatacca.blogspot.com/ .

Appello:

Alla cortese attenzione dell′Assessore regionale alla Cultura dott.ssa Cristina Scaletti

Gentile assessore Scaletti,
ho appreso con perplessità e sconcerto di quanto sta accadendo in località Ponterotto nel comune di San Casciano in Val di Pesa (Firenze). Da più di dieci anni il Comune di San Casciano persevera nella scelta di una localizzazione ad alto impatto ambientale e paesistico per il capannone di 3 ha della multinazionale Hymer proprietaria di Laika caravan. Tale localizzazione fu operata al di fuori di ogni pianificazione e senza i necessari rilievi di archeologia preventiva, subendo un ricatto occupazionale che in realtà copre una semplice operazione di rendita immobiliare.

Nell'anno 2010, durante gli scavi cantieristici, sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. Invece di valorizzare queste testimonianze storico-artistiche, l'amministrazione comunale ha fatto propria la istanza di RIMOZIONE DEI REPERTI avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio scavi.
Inoltre, il Comune ha deciso di intervenire con proprie risorse ad un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che con modifiche progettuali salvassero almeno parte del sito archeologico.

In considerazione del fatto che tutte le procedure legate al progetto sono state svolte nella assoluta segretezza e senza contraddittori, che ancora non esiste neanche una riga di relazione pubblicata sugli scavi, che il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso (quando ancora la villa romana non era emersa) a prescindere quindi dai risultati, che l'accesso al cantiere è stato negato con il pretesto che si doveva concludere la campagna scavi, fornendo notizie confuse di minimizzazione del valore dei reperti (dichiarati all'inizio resti medievali), che il progetto a parere di molti esperti distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico.

Le chiedo di accogliere l'appello delle associazioni ambientaliste (WWF, LEGAMBIENTE, ITALIA NOSTRA, RETE DEI COMITATI) sospendendo la firma regionale all'accordo e aprendo un confronto tra i tecnici del settore di diversa opinione per verificare se davvero questa è la soluzione giusta per la "valorizzazione" dei nostri beni culturali.
Vostra firma e recapiti