La Costituzione della Repubblica Italiana recita all'Art. 9:
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

venerdì 23 settembre 2011

L'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato al Ministro per i beni e le attività culturali

Il testo dell'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato sulla vicenda "archeopatacca", nella seduta di ieri, disponibile online sul sito del Senato. http://www.senato.it/


PARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -

Premesso che:

in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (FI), è prevista la localizzazione di un capannone di tre ettari da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan, nonostante le proteste di molti comitati e associazioni che ne denunciavano l'elevato impatto ambientale e paesaggistico;

durante gli scavi per la realizzazione dello stabilimento sono emersi notevoli reperti archeologici: in particolare sono stati rinvenuti i resti di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. La realizzazione del progetto, risalente al 1997, appare avvolta nel mistero: le procedure legate all'attuazione sono state operate in totale assenza di trasparenza, la localizzazione dello stabilimento è stata operata senza pianificazione e senza i necessari rilievi archeologici e, ad oggi, non è stata pubblicata alcuna relazione sugli scavi;

la scelta dell'amministrazione comunale, dettata da motivi occupazionali, lascia pensare invece ad una semplice operazione di rendita immobiliare, dal momento che la struttura è ancora lontana dall'essere aperta e la Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro negli ultimi anni. Sembra dunque evidente che non vi è alcuna certezza che l'azienda garantisca in futuro il livello occupazionale promesso;

si apprende ora che, con delibera n. 132 del primo agosto 2011, la Giunta comunale di San Casciano ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti, avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse ad un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti in un altro sito. A parere dell'interrogante il trasferimento dei reperti distruggerebbe il valore scientifico del sito di Ponterotto, contribuendo invece alla nascita di un falso storico e topografico, una vera e propria "archeopatacca";


rilevato che:

all'art. 9, comma 2, la Costituzione prevede che il patrimonio storico, artistico e paesaggistico debba godere della più ampia tutela;

il codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, all'art. 1 sancisce come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, mentre all'art. 29 precisa che la conservazione del patrimonio culturale debba essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Infine all'art. 30 il decreto impone a Stato, Regioni ed enti territoriali l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;


considerato che:

se è vero che il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede l'ipotesi di trasferimenti, questi devono essere motivati da ragioni di straordinario interesse pubblico, come ad esempio una grande infrastruttura, e inoltre devono essere orientati ad una maggiore tutela, che certamente non può essere subordinata ad interessi prettamente privati. Tanto più che i reperti in questione rappresentano resti di edifici e dunque non possono essere considerati alla stregua di suppellettili o elementi di arrendo, facilmente trasferibili. La mancanza di trasparenza, che ha accompagnato tutta la vicenda, rende lecito pensare che l'opera di trasferimento sia semplicemente un modo per rispondere alle istanze poste da comitati, associazioni culturali ed ambientaliste,


si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire una coerente e programmata attività di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro paese;

se non ritenga di interesse primario la salvaguardia di reperti che, allontanati dal sito di provenienza, risulterebbero decontestualizzati e snaturati.