La Costituzione della Repubblica Italiana recita all'Art. 9:
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

sabato 22 ottobre 2011

Lettera aperta di Giuliano Volpe a Enrico Rossi e Maddalena Ragni in attesa di cortesi (e doverose) risposte sulla vertenza Laika vs Etruschi

Lettera aperta di Giuliano Volpe, archeologo e Rettore dell'Università di Foggia,
22 ottobre 2011








Al Presidente della Regione Toscana
Dott. Enrico Rossi
Alla Direttrice per i beni culturali e paesaggistici della Toscana
Dott.ssa Maddalena Ragni



Gentile Presidente, Gentile Direttrice
Come forse sapranno, alcune settimane fa sono intervenuto con una breve nota (http://eddyburg.it/article/articleview/17623/1/92) in merito alla questione dei rinvenimenti archeologici di San Casciano. Il mio intervento, come archeologo e come cittadino italiano interessato alla conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, si limitava a brevi considerazioni e soprattutto a porre alcune domande, che nel frattempo non hanno ricevuto alcuna risposta. E nessuna risposta, mi sembra, ha ricevuto anche Salvatore Settis, che ha espresso pubblicamente i suoi dubbi e le sue riserve.

Poiché non conosco la situazione, non disponendo di informazioni di prima mano (e come me, credo, nessuno, al di fuori della stretta cerchia degli addetti ai lavori), non posso e non voglio entrare, anche in questa occasione, nel merito del significato e del valore, dell’entità scientifica e culturale del ritrovamento, né del perché dell’assenza di indagini preventive che probabilmente avrebbero evitato questa contrapposizione, e nemmeno delle scelte - a mio parere assolutamente discutibili, anche se certamente legittime e, in altri casi eccezionali, praticate - di ‘delocalizzare’ i resti archeologici (uso volutamente questa brutta espressione), pur restando dell’idea, come avevo già scritto, che:
a) «se i ritrovamenti sono relativi a “pochi muretti”, come qualcuno sussurra, si abbia il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico, e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti»;
b) «se, invece, si trattasse di elementi di grande interesse storico-archeologico, tali da richiederne addirittura lo smontaggio e la ricollocazione in altro luogo, allora forse sarebbe il caso di riesaminare più attentamente la questione, privilegiando la conservazione in situ».

Il problema che invece pongo, a questo punto, è un altro, forse ancor più significativo, perché tocca la concezione democratica e trasparente dell’archeologia. Perché non si sono fornite notizie sui ritrovamenti? Perché non si sono aperti i cantieri ad archeologi, ad esperti, ad associazioni, ai cittadini, come avviene in tutti i paesi europei, anche in problematici contesti urbani e rurali? Corrisponde a verità quanto si dice a proposito della minaccia dell’intervento delle forze dell’ordine per impedire alla stampa la ripresa fotografica e video dei resti? L’opacità produce sempre dubbi e sospetti. L’archeologia ha bisogno di trasparenza e di coinvolgimento sociale.

Il prossimo anno terremo a Firenze un convegno sull’Archeologia Pubblica, al quale un gruppo di archeologi, tra cui chi scrive, sta lavorando da tempo. Come potremmo parlare di archeologia pubblica, di ruolo sociale dell’archeologia, di partecipazione democratica, mentre non si garantisce nemmeno, in situazioni come queste, un minimo di trasparenza?

Sono sicuro che, anche in questa occasione, la Regione Toscana, regione di solide tradizioni democratiche e modello di politiche di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, saprà offrire una risposta capace di fugare quei dubbi e quei sospetti che finora questa triste vicenda ha oggettivamente prodotto.

Con i saluti più cordiali e con grande stima

Giuliano Volpe

Lettera aperta di Legambiente circolo Il Passignano

Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA
Alla FIOM CGIL
Alla CGIL
E p.c. al segretario nazionale FIOM Maurizio Landini

Cari compagni ed amici lavoratori e sindacalisti. Chi vi scrive è il circolo Legambiente Il Passignano; siamo un piccolo gruppo di persone semplici (contadini, artigiani, insegnanti, pensionati) che da oltre 10 anni si è impegnato nel tentativo di impedire e contestare un intervento immobiliare distruttivo da parte della azienda Hymer, proprietaria di Laika caravan: la costruzione di uno stabilimento di 34000 mq, dei quali subito ne vengono edificati 26000, nel fondovalle della Pesa dove da sempre abbiamo chiesto di localizzare un parco territoriale fluviale, in una zona lontana dalla superstrada, senza ferrovie o infrastrutture di collegamento, lontana pure dal distretto della camperistica di Poggibonsi. Il posto sbagliato per uno stabilimento che nessuno contesta ma del quale chiedevamo una localizzazione all’interno di zone industriali in essere, già previste dalla pianificazione locale (a Tavarnelle, o a Barberino, o a Poggibonsi stessa).

Nessun conflitto quindi con i lavoratori, nessuno tra noi ha mai messo in discussione la produzione di camper in quanto tale o la localizzazione nel Chianti di questa azienda.
Abbiamo contestato il fatto che l’azienda, per realizzare un affare immobiliare, abbia comprato su indicazioni degli amministratori locali di San Casciano certi terreni agricoli (nel 2002) con la garanzia che poi sarebbero state rese edificabili (cosa successa due anni più tardi, con la variante del 2004), al di fuori di ogni pianificazione pubblica. Un colossale affare per chi ha venduto terreni agricoli a 23 euro al mq, un prezzo quasi venti volte superiore a quello di un seminativo. Un bell’affare anche per chi ha comprato al valore di un quarto del terreno fabbricabile industriale.

Abbiamo contestato il fatto che la Hymer nel 2000 abbia prima completato la costruzione dello stabilimento LAIKA3, 13000 mq ottenuti dalla precedente proprietà con apposita variante del 1997 dal Comune di Tavarnelle al fine di consentire l’accorpamento degli stabilimenti oggi dispersi, poi lo abbia dichiarato inadatto alla produzione, e successivamente lo abbia messo in vendita per 12 milioni di euro al fine di finanziare l’operazione immobiliare; una truffa ai danni della comunità locale, alla quale anche noi avevamo creduto, appoggiando quella variante a Tavarnelle in nome del diritto alla sicurezza dei lavoratori e accettando il connesso consumo di suolo come un costo necessario.

Dopo tanti anni di vertenze si è arrivati nel 2007 alla variante definitiva e nel 2008 al progetto concessionato dello stabilimento: passati altri tre anni persi dall’azienda (che ha presentato una richiesta di variante alla variante) si avviano nel 2010 i lavori di scavo, che fanno emergere vestigia etrusche e romane. Abbiamo chiesto chiarezza sul valore dei reperti, e abbiamo contestato un accordo siglato tra azienda e Comune in virtù del quale per non cambiare un mattone del progetto (cosa facile e praticabile) si è deciso di smantellare una zona archeologica, ricostruendo CON SOLDI PUBBLICI una finta rovina con le pietre e i muri riassemblati. Questa storia ha prodotto articoli e dibattiti pubblici, che però sembrano destinati a essere spazzati via dalla annunciata firma della Regione del protocollo di intesa con Laika.

Non abbiamo mai contestato il legittimo diritto dei lavoratori di chiedere uno stabilimento salubre e razionale, perché ritenevamo e riteniamo opportuna e necessaria una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale che conciliasse tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Però sentiamo la necessità di porvi delle domande:
Perché avete sin dall’inizio rifiutato di incontrare e confrontarvi con noi e le altre associazioni ambientaliste, sposando acriticamente il progetto dell’azienda e rendendo così impossibile l’emergere di alternative al sito? Eppure, se avessimo unito le forze avremmo potuto chiedere all’amministrazione comunale di San Casciano di non accettare supinamente ogni pretesa dell’azienda. Lo stabilimento Laika 3 avrebbe potuto essere usato, sia pur temporaneamente in questi 10 anni, per togliere i lavoratori da capannoni a rischio, con tettoie di amianto. In questi 10 anni un nuovo stabilimento di 22000 mq poteva tranquillamente essere localizzato e costruito, anche riusando volumetrie esistenti. Invece avete accettato la messa in vendita dello stabilimento appena costruito a Tavarnelle, avete accettato di lavorare 10 anni in condizioni di rischio e disagio, addirittura trasformando questo fatto in una imputazione verso chi contestava la variante: invece nei vostri comunicati l’azienda che per risparmiare non rimuove l’amianto e che per far cassa vende uno stabilimento vuoto a norma e salubre non compare mai come controparte o responsabile del vostro disagioi! Il conflitto sulla variante ha prodotto inefficienze, ritardi, dei quali voi per primi avete pagato e pagherete i costi; preventivando realisticamente altri due anni di lavoro per distruggere il sito archeologico e per costruire lo stabilimento, ci saranno voluti 13 anni per realizzare un banale capannone, mentre se insieme avessimo proposto altre strade, la Hymer avrebbe scelto un’altra localizzazione nel Chianti a minore impatto e avrebbe già realizzato e messo in produzione lo stabilimento da anni (certo, rinunciando alla speculazione sui terreni in territorio aperto).

Perché vi siete prestati a diventare la massa di manovra dell’azienda, attaccandoci metodicamente ogni volta che noi provavamo ad interloquire o a contestare le scelte dell’impresa? Quando abbiamo ricorso al TAR il sindacato ha garantito sulla piena liceità dell’intervento, quando abbiamo contestato l’impatto ambientale la RSU ci ha attaccati dichiarando che quell’area è in realtà già degradata e industrializzata, quando abbiamo chiesto di salvare i reperti archeologici il segretario regionale CGIL ci ha risposto che tra gli etruschi e il capannone bisogna scegliere “il futuro”.

Insomma, invece di scontrarci con la società Hymer (che ha sempre tenuto un profilo bassissimo), con i suoi tecnici o i suoi portavoce, trovavamo i vostri striscioni a pavesare le sale comunali quando c’era da mettere in minoranza la critica, trovavamo le vostre interviste e i vostri comunicati che ci dichiaravano NEMICI DEL LAVORO, sia che cercassimo di dibattere sui beni archeologici sia che discutessimo di paesaggio o urbanistica. Di questo totale appiattimento sulle ragioni aziendali è testimonianza ultima un volantino diffuso in tutto il paese a firma “lavoratori Laika” nel quale si legge che gli ambientalisti “…ci hanno attaccato dipingendoci come dei distruttori delle bellezze del Chianti, ricorrendo alla magistratura….” Come se criticare la multinazionale Hymer o ricorrere alla giustizia significasse attaccare i dipendenti!!! Noi non abbiamo mai detto che sono i lavoratori o i sindacati responsabili delle scelte aziendali, purtroppo siete voi che avete stabilito l’equazione
PROFITTO AZIENDA=LAVORO=INTERESSE PUBBLICO.
Una equazione tutta da dimostrare e che temiamo produrrà cemento, distruzione ambientale, poco lavoro e sul lungo termine POCHI DIRITTI DEL LAVORO: prima si attaccano i vincoli ambientali e il diritto della comunità alla bellezza e al paesaggio, ma poi sotto i colpi della crisi le imprese chiederanno di ridiscutere anche i diritti collettivi e individuali dei lavoratori, e se accettiamo l’idea che l’impresa economica e il profitto sono in quanto tali INTERESSE SUPERIORE cadranno anche quelli. Noi crediamo che solo una riconversione ecologica dell’economia offra sul lungo periodo garanzie di giustizia, sostenibilità e occupazione, ma per imporre le necessarie scelte di rinnovamento servirebbe un sindacato che metta in discussione cosa e come si produce, costruendo alleanze con soggetti della società e del mondo della cultura: nel caso Laika, vi siete scelti un ruolo del tutto antitetico.

Perché vi siete prestati a coprire le campagne di propaganda dell’azienda a base di dati ritoccati o fuorvianti? Perché avete accettato di presentare come virtuosa e proiettata nel futuro la società Hymer? L’azienda, fornendo dati incompleti o fuorvianti ha chiaramente cercato di “blindare” le volumetrie ottenute, affermandone la necessità in funzione di future inverosimili espansioni produttive. Questo perché si tratta di un investimento che consentirà di capitalizzare il vantaggio ottenuto con la variante ad hoc, e perché ogni mc di capannone può tradursi in futuro in soldi (come dimostra la storia dello stabilimento mai usato e messo in vendita).

Ma la realtà è un’altra, è quella di una crisi generale del settore dal quale l’impresa ha cercato di uscire facendone pagare il costo in Germania e in Francia a centinaia di lavoratori messi sul lastrico (Eriba francese, dichiarata fallita nel 2010 con 190 dipendenti). Laika ha fatto ricorso al lavoro precario per rispondere ai picchi produttivi del (28 interinali nel 2008) proprio perché nelle valutazioni dei loro analisti si preventiva una fase non passeggera di stabilizzazione dei mercati, e il nuovo stabilimento non casualmente è “solo” di 26000 mq, a fronte di 34000 previsti dalla variante. Il dimensionamento del progetto (servizi, logistica, etc.) è dichiarato da Laika per 210 addetti complessivi alla produzione (compreso magazzino), meno di quanti ne ha avuti nel recente passato. La stessa crisi di vendite e produzione è stata nascosta, schermata, alla pari del calo degli addetti totali dai 270 del 2008 ai 196 del 2009, ai 189 del 2010. Si sono gonfiate le cifre, dichiarando un indotto inverosimile: 100-150 addetti dell’indotto nel 2004 dichiarati da Laika all’atto di richiesta della Variante (86 milioni di produzione), diventati 450 nel 2007 (95 milioni di produzione), cresciuti a 800 e 1000 oggi nelle dichiarazioni di amministratori e sindacato (70 milioni di produzione dichiarati, da verificare): si decuplica l’indotto a fronte di un calo della produzione!!! Nel bilancio 2010 (ultimo verificabile) si vede una “ripresina” con crescita del 2% delle vendite (da 54 a 56 milioni) mentre per lo stesso periodo venivano fatti circolare sulla stampa dati di crescita del 34% degli ordinativi….

Potremmo citare molti numeri che non tornano, ma la sostanza è una sola: quel capannone è oggi esuberante le reali necessità produttive dell’azienda, in gran parte resterà vuoto (lo si vede dal progetto), e lo si potrebbe in parte ridisegnare per salvare almeno i reperti archeologici. L’azienda per non spendere una lira in più usa l’argomento della grande urgenza e della necessità di ampliamento della produzione, anche perché il comune si impegna a usare i soldi dei cittadini per contribuire a smantellare il sito e a ricostruirlo fasullo. Voi, che conoscete la verità, vi siete prestati a questa operazione che di sicuro va nell’interesse degli azionisti Hymer ma, ci sembra, non dei vostri.

Perché vi siete prestati a delegittimare le ragioni di chi difende il territorio, diffondendo una immagine falsa e caricaturale delle nostre ragioni? In un comunicato la RSU ha parlato di finanziamenti agli ambientalisti da parte della concorrenza di Laika, in una dichiarazione stampa un dirigente FIOM ha dichiarato che dietro di noi c’è il fantomatico amministratore di una grande azienda milanese con villa in loco, in altro comunicato RSU si parla di “chi per motivi a noi ignoti, si oppone a questo investimento ….” adombrando interessi incoffessabili. Il segretario CGIL regionale ci descrive come coloro che vedono la Toscana come “terra del buon ritiro”, in una sbalorditiva consonanza con la presidente regionale di Confindustria Mansi che parla di “ambientalisti in cachemire”. Possiamo non essere d’accordo, possiamo criticarci, ma noi non ci sogneremmo mai di denigrare o insinuare che dietro le vostre posizioni (che non condividiamo) ci siano interessi segreti o finanziatori occulti. Alcune vostre affermazioni, se fatte dalla Hymer, ci avrebbero portati a querelare (pensiamo con buona possibilità di vincere in tribunale). Voi sapete che noi non avremmo risposto anche ad insulti o illazioni fatte dai lavoratori, perché non siete e non vi consideriamo i nostri nemici. Perché allora usate il prestigio e la dignità del sindacato per colpire noi, associazioni, cittadini, comitati, che lottiamo per la difesa di BENI COMUNI quali il territorio e l’ambiente?

Le ragioni della nostra opposizione sono chiare, scritte in centinaia di volantini e comunicati. Criticatele, discutiamone, ma non fate di noi i ridicoli bersagli di una campagna diffamatoria. La “santa alleanza” che abbiamo visto costruire sul caso Laika vede un abbraccio mortale che, in nome della “CRESCITA”, dello “SVILUPPO”, del “LAVORO”, unisce sindacati, confindustria, poteri locali, partiti di centro sinistra e centro destra; alla base di questa alleanza l’idea che di fronte ad investimenti produttivi sul territorio toscano non debbano esistere invarianti territoriali, beni comuni non negoziabili, beni culturali da tutelare. Si crea ad arte una frattura tra chi difende le ragioni dell’ambiente e chi difende le ragioni dei lavoratori, ed in questo conflitto perdono secondo noi sia i diritti dei lavoratori sia il diritto all’ambiente e alla salute.

Lo scopo di questa lettera non è riaprire polemiche sul passato, mai chiedervi l’apertura di un confronto, che guardi ad un futuro nel quale non esistano più altri “casi Laika” e nel quale sia possibile trovare una unità di intenti per l’edificazione di una economia sostenibile e di società più giusta e solidale


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano