La Costituzione della Repubblica Italiana recita all'Art. 9:
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

lunedì 24 ottobre 2011

Salvatore Settis: Laika, quel trasloco è fuorilegge

Laika, quel trasloco è fuorilegge
L'ex direttore della Normale: la scelta presa non rispetta nessuna normativa e mi chiedo perché tanti misteri sui manufatti
Settis: i reperti etruschi vengono prima dello stabilimento. Lo dice la Costituzione


Intervista di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, domenica 23 ottobre 2011

A San Casciano dove Laika sta costruendo il nuovo stabilimento da 300 mila metri cubi sono stati scoperti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano. Il Comune e l'azienda hanno deciso di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È una archeopatacca, attaccano le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. È tutto in regola ed è la soluzione sottoscrivono il governatore Enrico Rossi e la Soprintendenza per i Beni Archeologici. Pd, industriali e sindacati accusano "l'ambientalismo in cashemire che vuole frenare lo sviluppo". L'operazione "trasloco reperti" però - che divide pure la maggioranza che governa la Regione, Pd e Idv - secondo il professor Salvatore Settis (storico dell'arte, archeologo, ex direttore della Normale di Pisa) è viziata all'origine perché illegale, incostituzionale.

Professore ci spieghi.
Non stiamo parlando di un problema di gusti, ma di un problema di legalità. Quando avviene un rinvenimento archeologico casuale come questo, le alternative previste dalla legge sono solo due: o i reperti sono poco importanti, ne viene fatto un rilievo e si possono distruggere (succede ogni giorno, e nessuno protesta); oppure i reperti sono importanti, e vanno conservati in situ. La terza alternativa (come nel caso di San Casciano, ndr), "tanto importanti da non potere essere distrutti" e simultaneamente "tanto poco importanti da non dover essere conservati in situ" semplicemente non esiste nella normativa vigente, dalla legge 364/1909 al Codice dei Beni Culturali.

E allora in quali casi l'archeologia può bloccare un piano di sviluppo industriale?
Per giustificare l'idea assai bizzarra di rimuovere i reperti, creando un'area archeologica fittizia (ha avuto mano felice chi l'ha definita "archeopatacca") è stato invocato l'articolo 21 del codice dei Beni Culturali, che prevede la possibilità di rimuovere o persino di abbattere beni culturali, ma solo per cause di stretta necessità (ad esempio per ragioni di pubblica incolumità), per cui si può anche demolire in tutto o in parte un edificio storico (è il caso della Torre civica di Ravenna). Questa interpretazione della legge è confermata da tutta la giurisprudenza a me nota.

A San Casciano il conflitto è tra l'interesse economico dell'azienda, l'occupazione e la tutela di un bene culturale.
Per la Corte Costituzionale, esiste una gerarchia costituzionale dei valori, secondo cui la tutela del paesaggio e beni culturali (articolo 9 della Costituzione) non può essere "subordinata al altri valori, ivi compresi quelli economici", anzi dev'essere "capace di influire profondamente sull'ordine economico-sociale" (sentenza 151 del 1986, da allora spesso ribadita dalla Consulta). Quindi la tutela in situ dei reperti archeologici è gerarchicamente superiore (secondo la Costituzione) a qualsiasi capannone.

Ma il "trasloco" dei reperti è stato autorizzato dalla Soprintendenza.

Se nel caso in specie i reperti sono poca cosa, e perciò da distruggere, vuol dire che l'idea di delocalizzarli creando un falso storico è stato un errore, anche della Soprintendenza. Ma in ogni caso mi chiedo perché non sia stata mai data puntuale documentazione dei reperti pubblicando foto e piante? Perché tanti misteri, se tutto è in regola? Perché prendere decisioni irreversibili prima che sia stata diffusa una corretta e trasparente informazione? Perché non si prende in considerazione la proposta di Andrea Carandini, di lasciare i reperti in situ costruendo il capannone al di sopra, ma in modo che i resti rimangano visibili, evitando almeno la grossolanità di un falso storico?

Lei ha sempre sostenuto le Soprintendenze. Ma hanno la forza per resistere a pressioni di qualsiasi tipo?
L'intera struttura della tutela è enormemente indebolita dalla mancanza di risorse umane e finanziarie, e perciò più esposta a pressioni terze.

L'assessore regionale all'urbanistica Anna Marson ha sollevato più di una perplessità sul progetto, specie sull'iter urbanistico seguito dal Comune con l'azienda. Lei come giudica l'attuale ruolo dei Comuni nella gestione del territorio?

Penso che la Toscana abbia commesso un grandissimo errore storico e politico nel subdelegare ai Comuni competenze che essa dovrebbe esercitare in prima persona, anche nello spirito dell'ultima versione del Codice, quella datata 2008 che fu varata dal governo Prodi. Una revisione della legge 1 (la legge regionale sul governo del territorio, ndr) sarebbe necessaria.

Il nuovo corso dell'urbanistica in Toscana dovrebbe seguire il principio del recupero. Questo è stato uno dei primi annunci da governatore di Rossi. Ci sarà davvero discontinuità con il passato?
Il principio del recupero di architetture dismesse, in presenza dell'enorme quantità di appartamenti invenduti (100.000 solo a Roma) è una delle strade. Ma il faro deve essere sempre e solo la Costituzione e la legalità.

Cittadini e associazioni che vorrebbero partecipare e incidere davvero sulle scelte che coinvolgono il loro territorio vengono spesso accusati di voler difendere il proprio orticello. Pubblico e privato a loro volta vengono accusati di socializzare le perdite e privatizzare i profitti. Non toccherebbe alla politica trovare una sintesi?
La voglia dei cittadini di partecipare al processo decisionale è in grande crescita: ci sono non meno di 15.000 associazioni in Italia che si preoccupano di paesaggio e ambiente, reagendo civilmente alle sordità, inerzie e complicità della politica. L'accusa "difendete il vostro orticello" è stupida: anche l'industriale che difende il proprio capannone andrebbe messo a tacere solo per questo? Facendo mente locale sulle situazioni a loro meglio note, i cittadini possono elaborare una coscienza più alta: se le associazioni sapranno coordinarsi, costringeranno anche i politici più ciechi ad ascoltarli. È accaduto coi referendum sull'acqua come bene comune, o con quello sulle elezioni: vittorie di cittadini, non dei partiti. Sta accadendo anche con il paesaggio, chi non se ne vuole accorgere imparerà a proprie spese.

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