La Costituzione della Repubblica Italiana recita all'Art. 9:
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

lunedì 17 ottobre 2011

Vicenda Laika (San Casciano): scoppia la polemica tra l'assessore Marson e il presidente della provincia di Firenze Barducci

Greenreport, 17 ottobre 2011

La vicenda dell'insediamento produttivo della Laika a Ponterotto (comune di San Casciano Val di Pesa) va avanti tra le polemiche. Dopo gli scontri verbali dei giorni scorsi tra associazioni e comitati ambientalisti da una parte e sindacati e lavoratori dall'altra, dopo i subbugli in consiglio comunale a San Casciano tra maggioranza e alcune forze dell'opposizione, ora la polemica scoppia a più alti livelli istituzionali. L'assessore regionale all'Urbanistica e territorio Anna Marson, ha dichiarato che non capisce come si possa violare il paesaggio in nome del salario, considerato un alibi per "non entrare nel merito delle politiche pubbliche". La risposta è arrivata dal presidente della provincia di Firenze Andrea Braducci: «pare surreale doverlo fare, ma è necessario spiegare all'assessore Marson che il salario non è un alibi, ma un aspetto di rilevanza centrale nella vita delle persone che sarebbe opportuno non trattare con sprezzo, specialmente da parte di chi ricopre un ruolo di responsabilità nei confronti di un territorio che è fatto sì di paesaggi, ma anche di persone che vogliono farsi una famiglia, comprarsi una casa, ed avere perciò un salario. Una politica equa - ha aggiunto Barducci- non dovrebbe classificare il territorio in zone di serie A e serie B, ma cercare di promuovere e salvaguardare ovunque sia lo sviluppo che il paesaggio, come del resto in Toscana si è sempre fatto. Anche se capita spesso che proprio i non toscani che hanno scelto di venire a vivere nella nostra regione, pretendano poi di insegnarci come si governa il territorio» ha concluso il presidente della provincia. Al di la di questi scambi polemici tra rappresentanti delle istituzioni, la vicenda Laika ricordiamo va avanti da più di dieci anni, con gli ambientalisti che hanno dettagliato la loro contrarietà alla realizzazione dello stabilimento principalmente perché il luogo individuato è stato ritenuto non idoneo visto l'impatto ambientale che avrebbe creato l'insediamento. A questa argomentazione non è stata mai fornita una risposta convincente. La polemica dell'ultimo periodo, scoppiata in seguito al ritrovamento di reperti archeologici romani ed etruschi durante i lavori per la realizzazione del nuovo stabilimento (il comune, la Regione Toscana e la Sovrintendenza hanno deciso ormai il trasferimento dei reperti, con il contributo della stessa Laika), rischia di far dimenticare quanto in passato era stato osservato ed evidenziato.
Intanto il 26 ottobre il presidente della provincia di Firenze, Andrea Barducci e il sindaco di San Casciano, Massimiliano Pescini, incontreranno i lavoratori della Laika.

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A proposito di “ambientalismo in cachemire”

Anna Marson, Corriere della sera, ed. Firenze, 16 ottobre 2011


… e dell’incredibile progetto di “spostamento” dell’area archeologica interessata dai progetti immobiliari della Laika.

Nelle ultime settimane, a partire dalla tribuna dell’assemblea regionale di Confindustria, e successivamente dalle pagine di molti giornali toscani, è stato più volte utilizzato lo slogan dell’”ambientalismo in cachemire che blocca lo sviluppo”. Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all’Ipercoop e nel mercato dell’usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire.

In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all’offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l’equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni ’50 a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.

L’esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano), socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero “cachemire di lusso”?

E’ comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana – nel tempo e nello spazio - rinuncia all’ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell’economia finanziaria che ci ha portato all’attuale crisi.

In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti chiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell’accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.

L’Autrice è assessore all’Urbanistica, territorio e paesaggio della Regione Toscana

Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa


Edoardo Semmola, Corriere Fiorentino, domenica 16 Ottobre 2011


«Il paesaggio, una catena E Laika spezza un anello»
Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa

Li chiama «graffi». Pennellate che graffiano la natura svelandone i segreti. È così che i paesaggi di Pericoli rivelano i pericoli che corre il territorio: «Dentro ogni pezzo di natura c'è un'anima nascosta, il corpo di un poeta che gli dà forma. Il mio compito è raccontare, far intuire e percepire, questa parte segreta: perché sotto ogni superficie esiste una storia, un percorso di vita che ha determinato quella forma. È la storia culturale di una comunità che forma il paesaggio. È una catena, di cui noi siamo un singolo anello che ci ricongiunge a ere passate e che ci rende responsabili degli anelli futuri».

Dalla sua casa di Milano, Tullio Pericoli guarda all'affare Laika-Etruschi con il sereno distacco che riserva ai paesaggi oggetto dei suoi acquerelli che dal 29 ottobre, a cura di Laura Accordi, saranno esposti alla Galleria Babele di Firenze (e, in contemporanea, il Museo Civico Archeologico di Fiesole mostrerà 52 dei suoi «Ritratti»): «Il paesaggio è bello finché rivela la sua storia — spiega — Interventi come questo della Laika sono colpi di mazza diretti contro gli anelli del presente e rischiano di spezzare il percorso futuro della catena. Dobbiamo difendere ciò che sotto la terra è conservato, altrimenti distruggiamo il percorso dell'umanità di cui siamo responsabili pensando agli anelli che verranno».

Milanese d'adozione ma marchigiano di nascita, il 75enne pittore celebre in tutto il mondo rivela una sensibilità per le trasformazioni della terra lunga quanto la sua intera vita: «Affacciandomi dal balcone della casa dove vivevo da ragazzo — racconta — ho visto spuntare un campanile che prima della guerra non vedevo. Mi sono chiesto se avessero allungato il campanile. E invece no, si era "solo" abbassata la collina. Mi sono interessato al fenomeno e ho scoperto che quando l'aratro trainato dai buoi è stato sostituito dal trattore, i solchi nel terreno sono passati da orizzontali a verticali e si è prodotto un arrotondamento e abbassamento del paesaggio. Queste sono trasformazioni lente e nessuno se ne accorge a meno che non vada via e ritorni dopo molti anni. Ma le modifiche brutali delle costruzioni che sfregiano i luoghi, quelle hanno un impatto forte e dilaniante sulle mie emozioni. Anche per questo i miei paesaggi non sono quasi mai abitati dall'uomo o da edifici, ma parlano dell'uomo attraverso i segni e i graffi che vengono dalla mia mano».

Spiega Pericoli che la pittura non ha solo un valore intrinseco, artistico. Ma anche una funzione, diciamo così, «sociale». E a suo modo, rimanendo nella metafora, «rafforza» la catena: «Oscar Wilde diceva che gli inglesi si sono accorti che a Londra c'è la nebbia solo quando l'ha dipinta Whistler. Pensando alla Toscana, sono convinto che la terra senese in particolare sia così amata, così protetta, anche perché è eccezionalmente firmata, molto dipinta. I toscani sono abituati a vedere la propria terra attraverso le opere di grandi come Piero della Francesca, che ci ha affinato gli occhi. Il pittore un paesaggio non lo dipinge e basta ma lo indica, lo fa vedere da un punto di vista diverso attraverso i colori che ne estrae.

Esercitando l'occhio di chi guarda non solo nei riguardi del quadro, ma anche del paesaggio stesso. Quando dipingo, non metto solo i colori sulla tela, è come se li mettessi sul paesaggio stesso perché chi guarda una collina poi filtrerà ciò che vede anche attraverso gli occhi del quadro».

La pittura, dunque, «contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza, di proprietà, di protezione. Ciò che conosci ami, ciò che ami sei più portato a difendere. Ed è ciò di cui abbiamo bisogno». E in questo la Toscana, sostiene, è particolarmente ricca di esempi: «Più un paesaggio contiene una storia, più prende la sua forma e ne manifesta la profondità culturale. E i paesaggi toscani hanno una grande quantità di interiorità da esprimere. Più sono elaborati dall'uomo, accarezzati, vissuti, più raccontano di sé».

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Cashmere & Rendita, addio all'Ambiente con l'alibi del Lavoro

Anna Marson, assessore regionale alla Tutela del Paesaggio, Corriere Fiorentino, domenica 16 Ottobre

Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all'Ipercoop e nel mercato dell'usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire. In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all'offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l'equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni Cinquanta a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.

L'esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano),
socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero «cachemire di lusso»?

È comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano
entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana — nel tempo e nello spazio — rinuncia all'ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell'economia finanziaria che ci ha portato all'attuale crisi.

In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti chiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell'accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.

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