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mercoledì 19 ottobre 2011

L'Inchiesta di La Repubblica - E la Soprintendenza chiama i carabinieri

LA CENSURA - E la Soprintendenza chiama i carabinieri

di Francesco Erbani, La Repubblica online, 17 ottobre 2011

Anche i carabinieri a difesa del sito etrusco contestato
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Nervi tesi a San Casciano Val di Pesa. Gli archeologi cercano di vietare le riprese di uno scavo pubblico e fanno intervenire l'Arma per stoppare il nostro cronista e il nostro operatore. Invano, come potete constatare guardando il video

"Andate via! Andate via subito!". "Siamo giornalisti, stiamo riprendendo lo scavo". "Non potete, è vietato dal Codice dei beni culturali. Se non ve ne andate chiamo i carabinieri". San Casciano Val di Pesa, pomeriggio di giovedì 13 ottobre. Con una telecamera ci avviciniamo al cantiere dove è in costruzione lo stabilimento della Laika e dove sono stati rinvenuti i reperti di una casa romana e di una casa etrusca. I muri sono scoperti. Rimaniamo fuori dal recinto e iniziamo le riprese. La giovane archeologa si avvicina a noi correndo e urlando. "Andate via! Andate via subito!". Noi continuiamo le riprese. Lei si gira, afferra il cellulare che ha in tasca e inizia a telefonare. Intanto un operaio esce dal cantiere, si avvicina alla nostra macchina e alla moto di Claudio Greppi, che aspetta di essere intervistato da noi. Su un foglio che ha in mano l’uomo annota i numeri di targa, neanche stessimo per scappare.

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I carabinieri arrivano, ci identificano e il maresciallo ci comunica che una funzionaria della Soprintendenza di Firenze, avvisata dall’archeologa che è sul cantiere, ci diffida: non possiamo pubblicare niente di quel che abbiamo ripreso con la telecamera. Niente immagini, niente foto. Niente di niente. Come se fossimo su un sito militare o stessimo frugando segreti industriali. "Altrimenti scatta una denuncia". Chiediamo a quale norma si appoggi questo divieto. Lui non sa darci una spiegazione. Ci riferisce solo quel che gli ha detto la funzionaria: lo vieta il Codice dei Beni culturali. Non abbiamo il testo sottomano, ma ci sembra poco verosimile. E in effetti il Codice, lo accertiamo con qualche telefonata, non vieta alcunché. Non riusciamo a capire come in Soprintendenza possano essere convinti del contrario. Il maresciallo ci chiede se siamo entrati dentro il cantiere, se abbiamo avuto un alterco. Gli rispondiamo che siamo rimasti fuori dal cancello e che contro di noi si è avventata una persona che urlava.

I nervi a San Casciano sono a fior di pelle, vibrano appena vengono sfiorati. La vicenda Laika è rimasta avvolta in una nube di riservatezza che qualcuno vorrebbe durasse ancora. Le immagini e il video, invece, è possibile guardarli qui. Si riferiscono a un cantiere in aperta campagna, cinto appena da una rete di plastica a maglie larghissime che lasciano scorgere ogni cosa all'interno. I muri etruschi e romani sono lì, è un patrimonio culturale di proprietà dello Stato. Cioè di tutti. Chiunque può avvicinarsi e vederli. Sarebbe un paradosso se fossero vietati ai giornalisti.

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A questo articolo ha fatto seguito una lettera firmata Mariarosaria Barbera, la Soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana

La Soprintendenza: "Solo la reazione di un'archeologa"

Una lettera della dottoressa Barbera, Soprintendente della Toscana spiega che a San Casciano i nostri cronisti sono stati respinti da una persona che ha agito in proprio senza indicazioni del suo ufficio. Ma le immagini dimostrano che un funzionario ha ribadito che i giornalisti non potevano fare riprese


Dalla dottoressa Mariarosaria Barbera, Soprintendente per i beni Archeologici della Toscana, riceviamo e pubblichiamo questa precisazione sull'episodio accaduto a San Casciano dove i nostri cronisti sono stati respinti mentre riprendevano il cantiere di scavo archeologico oggetto di una dura polemica tra lavoratori della Laika e ambientalisti. I fatti, però, stando alle immagini da noi pubblicate, sono andati diversamente.

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Gentile Direttore

Una troupe di Repubblica. it si è recata alcuni giorni fa sul cantiere di scavo archeologico di S. Casciano Val di Pesa, loc. Ponterotto per riprendere l'area dell'erigendo stabilimento Laika. Uno scavo recentemente oggetto di una campagna di stampa che, tra i primi effetti, certamente non desiderati ma oggettivi, ha generato l'interesse di malintenzionati che già due volte sono entrati e hanno danneggiato le protezioni di scavo.

Nel video, pubblicato sul vostro sito, un'archeologa perde la calma e tenta di allontanare i giornalisti, pur rimasti in area pubblica a ridosso del cantiere, risolvendosi infine a chiamare i Carabinieri. Fin qui la cronaca.

Poi un pesante tocco di fiction: "la Soprintendenza  -  commenta il giornalista  -  ha ordinato agli archeologi sul cantiere di tenere alla larga i giornalisti e diffidarli dal pubblicare le immagini". Come dire: la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, da me attualmente diretta, ha di certo qualche "scheletro nell'armadio" e per questo complotta contro il quarto potere.

Sono francamente dispiaciuta per l'incidente. Ma non riesco a comprendere la ragione di tutto ciò: proprio la settimana scorsa ho rilasciato a Francesco Erbani un'intervista telefonica, né breve né omissiva, rispondendo alle domande poste e spiegando posizione e motivazioni della Soprintendenza (di cui peraltro ho assunto la direzione solo a gennaio). Perché non propormi di visitare lo scavo insieme, con la vostra telecamera? Avremmo organizzato tempestivamente e secondo regole che avrebbero tutelato sia la sicurezza dello scavo sia il diritto di cronaca. Senza spostare l'attenzione dalla consistenza dei reperti, il nocciolo della questione, alla reazione personale di un'archeologa.

Perché è dalla consistenza dei reperti che dipende la decisione del Ministero: le cui valutazioni tecniche e scientifiche saranno presto consultabili dal pubblico sulla rivista archeologica digitale Fasti on line, con un'ampia presentazione dello scavo e dei suoi risultati a cura della Soprintendenza. Le stesse valutazioni che forniamo in questi giorni a parlamentari e associazioni (? ndr).

Mariarosaria Barbera
Soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana



Ed ecco la risposta degli inviati

"La replica della soprintendente di Firenze è stupefacente ed è smentita dal video che attesta come sono andati i fatti. E lascia senza parole l'intenzione di addossare ogni responsabilità all'archeologa che era sul sito di San Casciano e che avrebbe "perso la calma" e agito spinta da una "reazione personale". Noi siamo stati invitati con veemenza ad allontanarci dal cantiere e a non proseguire le riprese in virtù di una motivazione infondata ("lo vieta il Codice dei Beni culturali") che un funzionario della soprintendenza ribadisce parlando al telefono con il maresciallo dei carabinieri. Ciò è ampiamente dimostrabile sulla base della testimonianza di tutti i presenti alla scena, compreso il maresciallo dei carabinieri che ci riferisce il contenuto della telefonata".

Francesco Erbani e Mario Neri

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